martedì, Aprile 30, 2024
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I familiari dei pescatori mazaresi sequestrati in Libia oggi a Roma sono pronti allo sciopero della fame: «liberateli subito»

«Riportate a casa in nostri amici, padri, figli, mariti, uomini di mare, pescatori italiani. Conte, Di Maio non lasciateci soli». Lo hanno scritto chiaro su uno striscione le famiglie dei 18 pescatori di Mazara del Vallo sequestrati il 1 settembre a bordo dei pescherecci “Antartide” e “Medinea”, nelle acque della Cirenaica, a 35 miglia al largo di Bengasi dalla Marina del generale Khalifa Haftar, lo stesso che, durante le trattative per il rilascio con il governo italiano, ha richiesto uno “scambio di prigionieri”.

Si tratta di quattro scafisti, in veste di calciatori, condannati a 30 anni e detenuti in Italia peri per traffico di migranti, nello specifico per la cosiddetta “Strage di Ferragosto” in cui morirono 49 migranti che viaggiavano a bordo di un barcone con altri 313 connazionali che riuscirono a salvarsi.

In questi giorni i familiari dei pescatori sono riusciti a parlare telefonicamente con il capitano del Medinea, Piero Marrone, che oltre a rassicurarli sulla loro condizione, ha chiesto: “fate di tutto per riportarci in Italia”.

Durante la telefonata, a una domanda dell’armatore del peschereccio, Marco Marrone, dice: “Ci accusano che hanno trovato droga a bordo“.

La frase inedita è stata ripresa da un cellulare, durante una conversazione in viva voce, a margine di una diretta televisiva rilanciata ieri dall’Agi.

«E’ chiaro che vogliono alzare l’asticella», dice nella stessa conversazione l’armatore del Medinea, Marco Marrone. Nessuna conferma da parte della Farnesina, che assieme all’intelligence sta conducendo le trattative per il rilascio dei 18 marittimi.

Per il ministro degli Esteri Di Maio, non ci sarà alcuna trattativa da seguire «Non accettiamo ricatti. Lo dico molto chiaramente: L’Italia non accetta nessun ricatto sui propri connazionali, che devono tornare a casa. Dobbiamo essere pienamente coordinati, perché il lavoro fa fatto con molta attenzione»

Sotto lo striscione innalzato a Montecitorio, dove i familiari dei pescatori mazaresi sono arrivati oggi, lunedì 21 settembre, e sotto il quale si sono riuniti nella speranza di essere ricevuti dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte per sollecitarlo e sensibilizzarlo al problema, nessuno è arrivato a chiamarli. Pas mal: a mali estremi, estremi rimedi. Gli stessi, infatti, fanno sapere di voler iniziare uno sciopero della fame qualora non dovessero riuscire ad incontrare il presidente, nei prossimi giorni.

Nel frattempo si moltiplicano i messaggi di vicinanza e supporto: dopo quello del presidente del consiglio comunale di Mazara del Vallo, Vito Gancitano, dove in una nota affermava di essere « pronti ad occupare simbolicamente l’aula del Consiglio comunale» anche la segreteria generale della Confsal pesca è vicina ai diciotto marittimi dei due pescherecci di Mazara del Vallo sequestrati in Libia e condivide l’iniziativa della mobilitazione dei familiari verso Palazzo Chigi «Anche noi stiamo seguendo l’evolversi della vicenda – afferma il segretario generale della Confsal pesca Bruno Mariani – e la richiesta di incontro delle famiglie con il premier Conte è più che legittima; più che doveroso riceverli vista la fase delicata del post sequestro. Anche noi attendiamo con trepidazione la liberazione dei pescatori e dei motopesca ‘Antartide’ e ‘Medinea’ sequestrati la sera del primo settembre a 38 miglia dalle coste libiche. Adesso auspichiamo – continua Mariani – che la Farnesina e l’intelligence continuino a fare il loro meglio per arrivare al rilascio dei diciotto marittimi e, pur comprendendo la situazione particolare, crediamo che, a distanza di venti giorni dal sequestro, tutte le soluzioni possibili devono essere messe in campo ascoltando anche le volontà dei familiari dei pescatori coinvolti. E la nota, conclude – La Confsal pesca auspica, inoltre, che i Ministeri competente si attivino affinchè i nostri pescherecci ed i nostri lavoratori siano fortemente tutelati. Non è possibile che la nostra presenza nell’area di pesca del Mediterraneo, sia sempre più a rischio»

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