giovedì, Maggio 16, 2024
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Sotto la divisa del 118, in primafila sui sampietrini, il cuore batte per il Trapani

E c’è chi al nord resta a combattere in prima fila questa battaglia contro il male invisibile. Si tratta di Giuseppe, un ragazzo giovane, che lavora per il 118 e che, in questi due mesi,  ha sentito i sampietrini capitolini sbattere sotto le ruote dell’ambulanza mentre sfrecciava verso l’ospedale. Ha imparato a proteggere se e gli altri sotto i nuovi DPI a soccorrere trasferendo fiducia. E’ tornato a Sora un pò più solo ma certamente non ha mai smesso di far battere il cuore per la sua squadra: il Trapani!

Buongiorno Giuseppe,

in questi giorni, mentre ci intimavano il lockdown, tu sei stato in prima linea sulle ambulanze del 118 capitoline. Ci vuoi raccontare la tua esperienza?

Ciao Marina, buongiorno, ho iniziato il 18 dicembre appena un mese dopo essermi laureato. Una società di ambulanze (San Paolo della Croce) di Sora (Frosinone) mi ha chiamato per un colloquio ed io tutto entusiasta non ho esitato ad accettare. I primi giorni mi sono presentato un po’ impacciato, sai? la prima esperienza ci sta che sei così. Ho fatto per due mesi e mezzo il soccorritore viaggiando da Sora quasi tutti i giorni, purtroppo per questo motivo sono andato via e mi è dispiaciuto tanto perché ho lasciato degli amici con cui ancora oggi mantengo i contatti, infatti il penultimo giorno (27 febbraio) salutando i colleghi che non riuscivo a vedere l’indomani (giorno in cui avevo la notte) mi sono lasciato andare alla commozione perché sono un tipo che si affeziona alle persone.

E’ stata sicuramente una bella esperienza tra risate, momenti di serietà sui soccorsi e strigliate da parte degli infermieri. Immagina che il mio primo soccorso è stato un decesso…

Ho avuto anche il piacere di fare postazioni, tra le tante, a San Pietro, al Parlamento, a San Giovanni e a Cinecittà.

La mia giornata iniziava con la sveglia alle 4, alle 5 ero già in viaggio per Roma e alle 6 arrivavo al Prenestino per controllare il mezzo per poi andare verso la postazione che ci assegnavano. I turni duravano dalle 12 alle 14 ore, la centrale ci chiamava per i soccorsi e via con i codici rossi, verdi, gialli, poteva capitarti davanti di tutto. A fine turno dopo le consegne mi aspettava un’altra oretta di viaggio verso casa che mi rilassava.

Hai soccorso pazienti sospetti Covid-19 poi risultati positivi?

Ni. Un giorno ci chiamarono per uno studente cinese che abitava a un centinaio di metri dal “Vannini”, alle figlie di San Camillo. Era un paziente sospetto ed abbiamo indossato i Dispositivi di Protezione Individuale (tuta, mascherina, doppio paio di guanti e occhialini). Alla fine risultò che il paziente aveva una colica renale e lo abbiamo portato al Policlinico Casilino.

Cosa hai provato, come ti sei sentito?

Ero consapevole a ciò che potevo andare incontro, ma quello che mi preoccupava erano gli occhiali che si appannavano e il caldo che faceva con quella tuta. Mi sono sentito una persona che andava incontro ad una sfida.

Com’è cambiato il protocollo, come ci si comporta verso se stessi e verso il paziente?

Noi infermieri dobbiamo essere i primi a tutelarci e di conseguenza a tutelare il paziente. Dobbiamo istruirlo a non portarsi le mani alla bocca, agli occhi e al naso dopo essere venuto a contatto con le superfici su cui può depositarsi il virus, a indossare i guanti e la mascherina per evitare di venire a contatto con materiale biologico. Per quanto riguarda noi infermieri siamo stati formati molto bene sull’utilizzo dei dispositivi che dobbiamo indossare e soprattutto dobbiamo rispettare le distanze che ci impongono da chiunque.

In quale ospedale lavori?

Non lavoro in nessun ospedale, lavoro a Sora (Frosinone) sempre nella stessa società di ambulanze ma faccio i trasporti di pazienti in dialisi, sono a partita IVA. Sono un paio di mesi che lavoro in questo settore, giro per tutta la provincia e sono contento perché la cooperativa è a 5 minuti da casa. Il mio obiettivo è entrare nel pubblico e penso che l’esperienza dei trasporti sia un trampolino di lancio per puntare a qualcosa di più importante.

Hai mai avuto voglia di tornare a casa?

Io vivo a Sora da quasi 5 anni ormai, ho i miei amici, le mie cose, i miei ritmi. La voglia di tornare a casa c’è anche perché è da ottobre che non vedo i miei familiari, il nostro mare mi manca, mi manca Erice (in compenso ci sono paesi qua vicino che hanno le sue caratteristiche medievali) e soprattutto mi manca andare allo stadio a supportare il mio Trapani.

A Sora sei sposato? Hai figli? Cosa provi quando rientri a casa?

No, non sono ne fidanzato ne sposato però un giorno mi piacerebbe avere figli devo solo trovare la persona giusta. All’inizio è una bella sensazione anche se strana tornare a casa poi dopo un paio di giorni comincia a mancarmi Sora.

Come ha risposto la popolazione romana al lockdown?

Calcola che sono andato via da Roma qualche giorno prima del decreto però immagino come hanno reagito, sicuramente come al resto degli italiani che si sentono reclusi, non guadagnano per mantenere la famiglia e non vedono l’ora che arrivi il giorno X anche se per tornare alla normalità ci vorranno un paio di mesi dopo quella data.

Quali sono le tue prospettive per la fase 2?

Il continuo diminuire di morti, contagi e l’aumento di pazienti dimessi ma specialmente togliere diverse limitazioni imposte dal DPCM.

Credi che questo virus ti abbia cambiato?

Sì, perché prima ero abituato ad uscire da solo magari sentendo la musica o con gli amici, giocare i tornei universitari e le partitelle settimanali adesso è tutto diverso esci solo per lavorare e per fare la spesa. I giorni liberi li passo a letto sul PC ed è una noia mortale.

Cosa è cambiato nei pronto soccorso?

Questa situazione sta mettendo in ginocchio il nostro sistema sanitario ed i pronto soccorso sono molto affollati quindi diventa difficile gestire il numero dei pazienti. Prima il pronto soccorso accoglieva tutti anche chi andava per cose che può risolvere il medico curante, adesso si da la priorità ai pazienti con sospetto o conferma di Covid-19 e chi ha altre urgenze è costretto ad attendere ore in p.s. o nella peggiore delle ipotesi mandato in un altro ospedale che possibilmente si trova distante da casa.

Che aria tira in corsia…

Gli infermieri e i medici si stanno impegnando parecchio in questa battaglia contro un nemico invisibile e spietato, e i risultati si stanno vedendo. Non è facile ma sono sicuro che piano piano ce la faremo ad uscire da questa situazione. Andrà tutto bene.

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