giovedì, Marzo 28, 2024
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Cronache dall’inferno: la terra brucia e la colpa è del vento

Hanno raso al suolo ettari di terreno. Il vento caldo e invisibile, ha soffiato così forte da rovesciare un calamaio d’inchiostro su un versante e contemporaneamente, sull’altro fianco del Monte Erice per cancellare quel che era rimasto, dallo scorso anno, di quella che tutti chiamano “macchia mediterranea”. Probabilmente uno schizzo che, sbuffando, al vento non era piaciuto molto. Sempre il vento, caldo ed invisibile, lo scorso anno non deve aver gradito la riserva orientata di Monte Cofano tant’è che in una notte l’ha incenerita.

Dalla Torre della Tonnara, ha fatto danzare le fiamme veloci fino alla montagna divorandone ogni lato. Uno spettacolo che si poteva ammirare riflesso sulle acque del mare ma che, al sorgere del sole, lasciava sulla scena solo fuliggine e legni ancora roventi. Chi ha il pregio di avere una casa dentro quell’area incontaminata, oggi, ad un anno di distanza, non può raggiungere la propria abitazione perché ancora in attesa che la zona venga ripristinata. Nel frattempo sono soffiati mille venti ma, i lavori per la messa in sicurezza della montagna, non sono ancora terminati. A dire il vero non sono mai partiti. Pare, però, sia cambiato l’assessore incaricato dell’immobile questione. Il tempo scorre. Il vento soffia.

E caldo ed invisibile il vento, per il quale la stessa Protezione Civile emette addirittura bollettini di allerta che variano, rispetto al rischio incendio dal giallo, all’arancione fino al più grave “rosso”, ieri sera, domenica 25 luglio, a Bonagia, quasi a voler fare un dispetto al piccolo porticciolo, che sta diventando un bijou per racconti da grandi scrittori, insieme alla sua tonnara che di storie, invece, ne ha tante da narrare a viandanti (a breve anche con il museo per le muciarie), ha soffiato forte facendo arrivare le fiamme dall’olimpo al mare. Soffiando, soffiando, le lingue di fuoco si sono dirette a Pizzolungo lasciando fumo, terrore e vuoto intorno.

Questo nostro fuoco che brucia “di vento” sa di zolfo

Nessun vento ha mai provocato incendi. Nessuno tranne quelli che soffiano in Sicilia dove, da anni, probabilmente da sempre, le estati roventi iniziano sempre con la stessa storia. Il vento soffia e la terra brucia.

In molti, è così che vogliono far iniziare le storie dei venti d’estate. Venti che quando arrivano, soffiano forte e ti entrano dappertutto. Di fatto, però, la storia è un’altra. La storia è quella di una terra che, come la Sardegna, ha tutte le caratteristiche per essere accarezzata dal vento. Trapani, poi, è la città del mare, del sale e del vento. Tra le sue vie, il vento, lo sentirai sempre cantare. Lo sa il mare e lo sanno i suoi prati di primavera che si lasciano accarezzare pure quando diventano secchi d’estate. Lo sanno i cani, i gatti e figuriamoci gli amministratori che, magari domani si costituiranno “parte civile” di queste tragedie. Così, come Pilato, nel frattempo, provano a lavarsi le mani dalla faccenda che, mai come in questi casi, scotta

Il Joint Research Centre (JRC) ha pubblicato -nel novembre del 2020- il 20° rapporto annuale del Sistema Europeo di Informazione sugli Incendi Boschivi (EFFIS). Il documento dà informazioni sull’evoluzione del pericolo di incendi nelle Regioni europee e mediterranee. L’indice di pericolo e lo stato degli incendi nel 2019, dal mese di maggio, ha registrato che sia in termini di frequenza che di superficie percorsa, le regioni più colpite in Italia sono state la Sicilia e la Calabria. Inoltre il documento registra che il 57% degli incendi sono stati causati dall’azione umana. Il dato ci conferma che il vento non brucia e che è necessario non solo fare ma, anche anticipare la campagna estiva di decespugliamento.

Ed è proprio dalla prevenzione che bisogna partire. Perché se è vero che nessun vento porta fiamme senza che l’uomo ci metta le mani, è vero pure che chi di dovere dovrebbe prevenire. Soprattutto perché enorme è anche il numero di persone addette a farlo. In Sicilia, infatti, sono ventiduemila gli operai forestali attivi. Uno, cioè, ogni diciassette ettari di bosco.

L’Assemblea regionale siciliana, proprio lo scorso anno, aveva sbloccato una legge che consentiva l’assunzione del personale forestale dando così la possibilità di rafforzare il comparto boschivo (non che poi, di fatto, ne avesse un gran bisogno visto che tra determinati e indeterminati, secondo i numeri del Mippaf –il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali- godeva già con le sue 22.226 unità) di circa il 50% del totale registrato in tutta Italia ( quindi complessivamente – solo gli operai forestali erano nel 2020- 47.313).

In questi giorni per tentare di contrastare le fiamme sarde, al lavoro ci sono “appena” 7.500 uomini tra Corpo forestale, Vigili del fuoco, Protezione civile, volontari, ma anche Croce Rossa Italiana, Carabinieri e Polizia di Stato. Sette i Canadair in volo (solo nella giornata di ieri per la Sicilia ne sono stati chiesti 5 e 7 per la giornata odierna), più due in arrivo dalla Francia richiesti dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, 11 elicotteri della flotta regionale, tra i quali il Super Puma, un elicottero dei vigili del fuoco e uno dell’Esercito, ma la situazione resta ancora molto difficile.

La terra di Sicilia brucia e la colpa è del vento. La gente potrebbe morire bruciata e la colpa sarebbe di aver lasciato la finestra aperta ed averlo fatto entrare. È sempre quel vento che d’estate in Sicilia brucia.

Il giorno dopo arriverebbe il plauso per il lavoro svolto dalle squadre di soccorso, le promesse “dei marinai” per dare conforto agli animi devastati quanto l’ambiente, ormai grigio e tetro. Promesse che assicurano di prendere i fantasmi del fuoco. Il vento che brucia. Voci che ieri erano mute. Cori senza fiato quelli che inglobano il presidente della Regione e i rappresentanti dei Comuni. Muti e immobili. Fino a quando non brucia tutto e, a cascata, si commenta…

Aver annerito Erice contribuisce a far avanzare la teoria del “cambiamento climatico” come causa di un effetto che, qui, in questa nostra terra, siamo abituati a vedere da sempre.

Quando anni fa ipotizzavamo sul clima raramente avanzavamo ipotesi su come mai si fosse incendiato il versante di un monte e contemporaneamente il suo opposto. Solitamente la tesi confermata (e che quindi non ammetteva ipotesi alcuna) si basava sul “piromane” e non certo sul vento. Ci si schierava tutti da questa parte senza chiedersi mai perché nessuno avesse fatto prevenzione.  Contemporaneamente, appena soffiava lo scirocco, tutti sapevano che sarebbe stato “di fuoco”. Ma oggi al banco degli imputati è bene che si siedano in molti poiché la situazione dei roghi è destinata a peggiorare. I cambiamenti climatici sono arrivati a chiedere il conto. Di fatto, causeranno sempre più spesso condizioni meteorologiche estreme e, pure quaggiù, la vegetazione sarà predisposta a bruciare.

E di cambiamenti climatici parlano oggi i co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli e Eleonora Evi i quali, mettono sotto accusa il Governo che, a loro detta, non ha investito in prevenzione. «Il Governo investa nella prevenzione incendi in tempi rapidissimi e riveda la questione del Corpo Forestale, le cui esperienze e le capacità sono andate disperse a causa dell’inutile dannosa riforma Madia che ha messo in ginocchio il sistema antincendi. A causa della suddetta riforma – aggiungono – dei 36 Canadair presenti nella flotta, ben 17 non possono volare perché fanno parte del Corpo dei Carabinieri, che non ha ancora acquisito le competenze necessarie.

A questo si aggiunga che precedentemente erano specificatamente del Corpo Forestale i direttori operativi degli spegnimenti, Dos, ovvero coloro che sono in grado di coordinare i lavori in caso di emergenza. Compito che non è stato riassegnato a nessuno, con gravi ripercussioni sugli stessi spegnimenti; infine si è perso il presidio costante del territorio, che veniva eseguito da agenti della forestale autoctoni, mentre ora, a causa della militarizzazione e centralizzazione, vengono assegnati in maniera burocratica e senza corrispondenza con la conoscenza dello stesso territorio» E aggiungono: «A causa della crisi climatica, gli incendi che sono divampati in queste ore in Italia sono decine e decine di migliaia distruggendo vegetazione e boschi. Un quadro che si poteva prevedere visto che, di anno in anno, la questione degli incendi in Italia è andata sempre peggiorando. Ci domandiamo perché non si siano presi provvedimenti acquistando nuovi Canadair, considerando che anche negli anni scorsi si era certificata l’insufficienza di questi mezzi di soccorso indispensabili per fronteggiare prontamente la situazione».

Ad agosto il vento soffierà ancora. Sarà vento “d’amuri” che brucerà il cuore. Vento che quando arriva dal mare brucia le narici e, dopo gli ultimi anni appena trascorsi, ci farà sentire vivi. Vento che se arriva dall’Africa ci racconterà di mondi lontani, di deserti e di spezie e ci brucerà gli occhi quando soffierà la sabbia. Questo è il vento che brucia in Sicilia.

Hanno provato a creare l’inferno. Ma all’inferno non soffia il vento. All’inferno prima o poi ci finisce chi gioca col fuoco e pure col vento.

 

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