venerdì, Maggio 17, 2024
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Cybercrime: Usavano prestanome per i trasferimenti di denaro dai conti correnti dei cittadini poi, il passaggio in Romania. Scoperto business illecito da 20 milioni di euro l’anno

Una holding del crimine informatico internazionale dedita a prelevare denaro dai conti correnti di ignari cittadini europei e trasferirlo in Romania. Un giro d’affari illecito che ammontava a circa 20 milioni di euro l’anno. E’ quanto ha scoperto e bloccato la Polizia Postale, coordinata dalla Procura di Genova, che ha eseguito una vasta operazione contro una delle più importanti organizzazioni criminali internazionali dedite alla commissione di attacchi informatici finalizzati alla frode informatica e al riciclaggio di denaro.

Oltre 50 i poliziotti del settore Financial Cybercrime della Polizia Postale, in collaborazione con Eurojust, Europol e la polizia rumena, impegnati ad eseguire 13 arresti in Italia e in Romania, oltre a diversi sequestri di ville, appartamenti, automobili, esercizi commerciali e denaro contante.

Un lavoro sinergico per “Last Chain” ( l’”ultima catena” ), questo il nome dell’operazione, che arriva a conclusione di indagini certosine durate altre 2 anni in sinergia e che ha permesso di ricostruire un disegno criminoso che, per vastità e completezza, scrivono gli inquirenti,  può ben definirsi una sorta di quadro d’insieme delle attività della criminalità organizzata nel campo del cybercrime finanziario.

Il primo livello dell’organizzazione criminale operava in Romania da dove, con sofisticate tecniche informatiche, sottraeva somme di denaro ad ignari cittadini di molti paesi europei. Si tratta di “batterie di hacker” bene addestrati ed operanti dalla Romania, responsabili di un’ampia casistica di frodi informatiche che va dalle ben note truffe online, (per l’acquisto di beni e servizi su portali di e-commerce) alle truffe, altrettanto diffuse soprattutto in periodi feriali, (per l’affitto di inesistenti case-vacanza), al phishing informatico, (consistente nella diffusione di virus destinati alla sottrazione di password e dati personali attraverso false email; al phishing attuato mediante siti-clone, (cioè siti internet apparentemente identici agli originali, ma creati al solo scopo di carpire codici e dati personali)

Il denaro veniva accreditato su conti correnti italiani intestati a prestanome. Una volta portate a termine le frodi, subentrava la necessità di “ripulire” il denaro illecitamente guadagnato, ed è proprio qui che si attivava il braccio italiano dell’organizzazione criminale

La componente italiana della banda si occupava di prelevare il contante, occultarlo e successivamente trasferirlo fisicamente in Romania.

La Centrale del Riciclaggio in Italia

L’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale e composta dai soggetti oggi arrestati. Questi, come un vero e proprio factoring criminale, cui veniva “esternalizzato” il servizio di riscossione, mettevano a disposizione numeri di conto corrente italiani su cui l’organizzazione rumena bonificava i proventi delle frodi, che venivano ripuliti, incassati, decurtati di una percentuale del 35-40% trattenuta in Italia a titolo di provvigione per il servizio reso, ed infine e traspostati in contanti oltre frontiera.

Nello specifico, i capi dell’organizzazione in Italia, due cittadini rumeni di 52 e 49 anni residenti a Genova, con le rispettive consorti, tutti formalmente disoccupati e pressoché nullatenenti, gestivano a Genova, sin dal 2018, una rete di procacciatori incaricati di reclutare, tra le fasce più bisognose della popolazione, soggetti prestanome disposti a mettere a disposizione – dietro un modesto compenso – la loro identità per l’apertura di moltissimi conti correnti. Su tali conti, che venivano in realtà gestiti dai capi dell’Organizzazione, confluivano centinaia di bonifici da tutto il mondo, frutto delle frodi informatiche.

L’”ultima catena” (“Last Chain”) era appunto, come spesso accade nelle più articolate indagini di criminalità organizzata, quella del riciclaggio, ed era strutturata a livello piramidale. I Capi potevano contare su un livello di “procacciatori”, incaricati di reclutare i prestanome per l’apertura dei conti, nonché su un livello di “corrieri” (noti alle polizie internazionali col termine di “Money Mules” – letteralmente “Muli di denaro”), incaricati di prelevare il denaro dai conti correnti, occultarlo in appositi nascondigli ed infine organizzare le cosiddette « carrozze » (furgoni, pulman o autovetture proprie o prese a noleggio) con i quali il contante veniva fisicamente trasportato oltre frontiera in Romania.

Le attività investigative

Un meccanismo ben collaudato ed altamente remunerativo dunque, che «è stato possibile scardinare grazie al lavoro investigativo, a livello nazionale ed internazionale, compiuto in circa 2 anni, fatto di intercettazioni informatiche, telefoniche ed ambientali, servizi di pedinamento oltre frontiera, e complesse indagini informatiche.»

La Polizia Postale sin dal luglio del 2018, ripercorrendo in maniera certosina le tracce informatiche e finanziare lasciate dai criminali, ne tracciava tutti gli spostamenti sia in Italia che all’estero.

Proprio al contrasto del fenomeno del cyber-riciclaggio attraverso l’impiego di Money Mules, le due Agenzie europee dedicano, del resto, un’azione operativa annuale (l’azione EMMA – European Money Mules Action) che vede l’Italia, attraverso la Polizia Postale e le Magistratura, prender parte attiva, collocandosi stabilmente tra i primi Pesi in termini di risultati ottenuti.

Le intercettazioni:

Attraverso chat di Whatsapp, Signal e messaggistica ICQ, emerge anche l’abitudine dei criminali nel fare attività di pulizia e di eliminazione di files compromettenti, per cancellare le prove:

“Balù risale e Valentin dice che stava cancellando delle cose sul telefono.

V: Ti ha dato?

B: Certo. 17,50

V: Quando ti ho mandato quello già ……….

Balù dice di andare a provare anche Nervi, quello che era bloccato, perchè ha un presentimento che funzioni. Balù chiede se quelli hanno già cancellato e Vali dice di no”

L’attività propria dell’organizzazione italiana di reclutare i money mules si conclude con l’accompagnamento del “mulo” presso l’istituto bancario, da cui ne esce mettendo nelle mani del procacciatore tutta la documentazione, comprese le password, le schede telefoniche e gli altri strumenti informatici utili alla gestione da remoto del conto corrente:

Una volta incassate le somme illecite, l’associazione criminale pianificava viaggi in Romania per trasportare le ingenti quantità di denaro oltre confine, a mezzo delle “carrozze”:

V: Ti do 10-15.000 che così il padrino (ndr: Florin) gli da al Boss.

D: Beh si, se hai, mi dai…alla fin dei conti…

V: Dai che così mi libero di loro…

D: Li metto nel televisore.

V: Si, perchè se poi vado via…non ho voglia di rimanere con dei soldì e se mai la prossima settimana se dovrà venire quello (ndr: il corriere) dovrà venire da quelle parti, a Verona, Brescia…

D: Cosa?

V: La carrozza (ndr: si rif. alla macchina del corriere)

D: Si certo.

Carrozze che venivano infine intercettate e perquisite dalla Polizia

 

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