lunedì, Maggio 13, 2024
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Santino Di Matteo, il papà del bambino sciolto nell’acido: «Ma lo Stato dov’è, fa finta di niente?»

Urla quasi, Santino Di Matteo, padre del piccolo Giuseppe rapito e sciolto nell’acido dai Corleonesi, avendo appreso della scarcerazione di Franco Cataldo, uno dei sequestratori di suo figlio. «Ma lo Stato c’e’ o non c’e’? Lo Stato fa finta di niente?». Dall’altro capo del telefono a raccogliere la sua rabbia e le sue dichiarazioni c’è Felice Cavallaro che lo intervista per il Corriere della Sera.

Cataldo è stato scarcerato in considerazione dell’eta’, 84 anni, e di una grave malattia: «Quindi devono curarlo in un reparto sanitario per detenuti. Come hanno fatto con Provenzano, con Riina. Come è obbligatorio fare con ergastolani che non si sono mai pentiti di niente. Non si può mandare a casa uno che ha tenuto mio figlio per mesi in un capanno dell’olio, chiedendo di spostarlo in un altro tugurio quando doveva raccogliere le olive. È una cosa vergognosa. È la vergogna dello Stato». ha detto Santino Di Matteo, pentito di mafia che, appena iniziato a collaborare con la giustizia, cosa nostra lo ha intimidito sciogliendo il figlio appena 12enne nell’acido.

Cavallaro gli dice che il ministro Bonafede sembra avere innestato la retromarcia ma Di Matteo risponde netto: «Di Bonafede ne parliamo dopo. Qui occorre un intervento diretto del capo dello Stato che ha perso un fratello con questi signori. Deve occuparsene Mattarella che è il capo della magistratura, a capo del Csm mi pare, anche se io non ne capisco molto di legge».

Il giornalista incalza: Ce l’ha con i giudici di sorveglianza?
«Sono loro che alla fine mettono la firma. Anche se il Dap sbaglia, come si è detto, il giudice non può collaborare all’errore. Possibile che non capiscano nemmeno al ministero di Giustizia che queste persone già mandano segnali da dentro il carcere. E ne abbiamo viste di cotte e di crude. Pensa quando stanno a casa, quando tornano nelle loro campagne col capanno dell’olio… Lo Stato così commette un errore grandissimo».

Di Matteo, non lascia conti in sospeso e torna sul ministro: «Ci sono rimasto male con il ministro Bonafede. Per come ha preso in giro il giudice Nino Di Matteo. Prima gli dici ti do un posto, poi glielo levi. E lo meritava il posto al Dap, al dipartimento delle carceri. Così andiamo indietro, invece di progredire. Stanno giocando una brutta partita con questa materia incandescente».

 

 

Giuseppe Di Matteo:

L’11 gennaio 1996, dopo due anni e mezzo di prigionia i mafiosi decisero di uccidere e sciogliere nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo. Giuseppe aveva soltanto quattordici anni (quindici li avrebbe compiuti otto giorni dopo, il 19 gennaio), e ne aveva solo 12 quando venne sequestrato.

Il padre, Mario Santo Di Matteo (detto “Mezzanasca”), prima di iniziare a collaborare con i magistrati era un affiliato a Cosa Nostra. Venne arrestato il 4 giugno del 1993 e iniziò a raccontare al magistrato palermitano Giuseppe Pignatone ciò sapeva sugli attentati di mafia.

Il suo pentimento scatenò l’ira dei mafiosi, dei suoi ex amici, e Giovanni Brusca, capo mandamento di San Giuseppe Jato, ebbe il compito di rapire il figlio di Santino così da convincerlo a rimangiarsi ciò che aveva raccontato. Un primo avvertimento fu recapitato al nonno di Giuseppe, padre di Santo, con un biglietto su cui c’era scritto: “Il bambino c’è l’abbiamo noi, non andare ai carabinieri se tieni alla pelle di tuo nipote”; dopodiché il nonno fu avvicinato da un altro mafioso che, dopo avergli mostrato una foto del ragazzo, gli disse: “Devi andare da tuo figlio e farci sapere che, se vuole salvare il bambino, deve ritirare le accuse fatte a quei personaggi, deve finire di fare tragedie.

I mafiosi spostarono più volte il piccolo Giuseppe, fino alle campagne palermitane, luogo del suo ultimo “carcere”.

Durante il periodo di sequestro Giovanni Brusca apprese dalla televisione che la Corte d’Assise di Palermo aveva condannato all’ergastolo lui e Leoluca Bagarella per l’omicidio di Ignazio Salvo. La notizia lo fece infuriare e per risposta diede a Enzo Brusca, Vincenzo Chiodo e Giuseppe Monticciolo l’ordine di uccidere il ragazzino.

Proprio uno dei killer, Vincenzo Chiodo, ha raccontato i dettagli macabri e orribili di come avvenne il delitto e di come, senza uno straccio di umanità, i tre andarono tranquillamente a dormire in un letto matrimoniale dopo aver eseguito l’ordine di Brusca.

Io ho detto al bambino di mettersi in un angolo, cioè vicino al letto, quasi ai piedi del letto, con le braccia alzate e con la faccia al muro. Allora il bambino, per come io ho detto, si è messo faccia al muro. Io ci sono andato da dietro e ci ho messo la corda al collo. Tirandolo con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l’ho appoggiato a terra. Enzo Brusca si è messo sopra le braccia inchiodandolo in questa maniera (incrocia le braccia) e Monticciolo si è messo sulle gambe del bambino per evitare che si muoveva. Nel momento della aggressione che io ho buttato il bambino e Monticciolo si stava già avviando per tenere le gambe, gli dice ‘mi dispiace’ rivolto al bambino ‘tuo papà ha fatto il cornuto’ (…) il bambino non ha capito niente, perché non se l’aspettava, non si aspettava niente e poi il bambino ormai non era… come voglio dire, non aveva la reazione di un bambino, sembrava molle… anche se non ci mancava mangiare, non ci mancava niente, ma sicuramente la mancanza di libertà, il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro… cioè questo, il bambino penso non ha capito niente. ‘Sto morendo’, penso non l’abbia neanche capito. Il bambino ha fatto solo uno sbalzo di reazione, uno solo e lento, ha fatto solo questo e non si è mosso più, solo gli occhi, cioè girava gli occhi. (…) io ho spogliato il bambino (…) abbiamo versato l’acido nel fusto e abbiamo preso il bambino. Io ho preso il bambino. Io l’ho preso per i piedi e Monticciolo e Brusca l’hanno preso per un braccio l’uno così l’abbiamo messo nell’acido e ce ne siamo andati sopra. (…) io ci sono andato giù, sono andato a vedere lì e del bambino c’era solo un pezzo di gamba e una parte della schiena, perché io ho cercato di mescolare e ho visto che c’era solo un pezzo di gamba… e una parte… però era un attimo perché sono andato… uscito perché lì dentro la puzza dell’acido era… cioè si soffocava lì dentro. Poi siamo andati tutti a dormire“.

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